Il Natale di Sant’Alfonso Maria De’ Liguori

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Molti Cristiani sogliono per lungo tempo avanti preparare nelle loro case il presepio, per rappresentare la nascita di Gesù Cristo; ma pochi son quelli che pensano a preparare i loro cuori, affinché possa nascervi in essi e riposarvi Gesù Bambino. Era questo il motivo conduttore delle Meditazioni sul Natale di sant’Alfonso Maria de’ Liguori cercare di aiutare gli uomini a vivere il Natale con amore, con fede, ma soprattutto con sentimento cristiano. Per cercare di capire ed assimilare questi concetti bisogna conoscere più a fondo quest’uomo nato a Marianella un quartiere alla periferia di Napoli il 27 settembre 1696. A soli 16 anni conseguì la laurea in diritto civile e canonico, diventò brillante avvocato del foro di Napoli, ma nel 1723 la corruzione e l’ingiustizia che dilagava lo spinsero a lasciare l’ambiente forense, scelta evidentemente dettata anche dal forte desiderio di consacrarsi a Dio .

Il 17 dicembre 1726, all’età di 30 anni diventa sacerdote e si dedica alla rieducazione religiosa morale e civile del popolo napoletano in un contesto in cui sovrasta il pensiero illuminista che lascia poco spazio alla religione “l’uomo deve farsi guidare dalla ragione non dalle norme religiose, cercare la verità e non accettare una verità rivelata”. Anche se definito antilluminista, si pose come mediatore tra il nuovo dilagante movimento ed una realtà ancora poco cristianizzata a causa di un ruolo non sempre presente ed incisivo della chiesa.

Fu grande missionario, ma non partì mai per terre lontane, predicò nei quartieri più miseri della città tra gli abbandonati e privi d’aiuti, e quando comprese che soprattutto nelle campagne del Regno c’era bisogno di un aiuto missionario non esitò a lasciare Napoli per dedicarsi alla gente sparsa nei paesi rurali e per le campagne più remote. Divise e condivise la loro povertà, i loro dolori e i loro vuoti spirituali rafforzando la fede e dando speranza agli ultimi. Dio non è solo nella chiesa diceva, ma è nei vicoli, nelle strade, dietro un angolo, tra la gente che soffre, e proprio questa convinzione lo spinsero ad uscire dai luoghi di culto per portare la parola del Signore nelle case private, nelle botteghe, negli angoli più umili frequentati da artigiani e “lazzari” e per rendere la predicazione più immediata con l’uso di un linguaggio semplice e perfino del dialetto per dare luce a un clima grigio che sovrastava nella predicazione napoletana settecentesca. Ben presto, per desiderio dell’arcivescovo di Napoli, questi incontri privati vennero tenuti nelle cappelle della città e presero il nome di “cappelle serotine” diventando grande fonte di educazione morale, sociale, di aiuto reciproco tra i poveri. Le sue meditazioni si infiammavano d’amore nel periodo dell’Avvento, il pensiero della venuta al mondo del Salvatore gli riempiva gli occhi ed il cuore di gioia, proprio come per i pastori a Betlemme.

Il suo amore per il Natale legato ad un’infanzia trascorsa tra gli insegnamenti di sua madre devotissima di Gesù Bambino e la passione del padre per La Cantata dei pastori” una sacra rappresentazione scritta nel 1698 da Andrea Perruci che narra il viaggio tra mille insidie di Maria e Giuseppe a Betlemme, maturò e si rafforzò in un ambiente napoletano del primo ‘700 caratterizzato Arcadia, un movimento culturale, letterario e musicale che si rifaceva ad un mondo fatto di cose semplici come quello dei pastori e soprattutto al mistero del Natale, di cui la poesia e soprattutto il presepio, ne erano la più simbolica rappresentazione.

 “Dio che si fa uomo nella maternità di Maria” tema cardine delle meditazioni di S. Alfonso si materializzò con il presepe e l’arte presepiale che raggiunse in questo periodo il massimo splendore anche grazie al contributo di grandi scultori dell’epoca: “Domenico Antonio Vaccaro, il Celebrano e il Sammartino autore del famoso Cristo velato della Cappella Sansevero. 

Per capire il grande successo popolare del presepe bisogna risalire ai geniali e rivoluzionari cambiamenti di Gaetano da Thiene divenuto poi Santo, che nel 1534 riesce a far uscire dalle chiese il presepe (presepe canonico) per portarlo nelle case introducendo pastori vestiti con abiti del periodo e non come i giudei. Sant’Alfonso amò molto il presepe, ma lo percepì freddo, vuoto, povero di spiritualità, senza l’amore per il “Piccolo nato” e allora attraverso delle mirate meditazioni e soprattutto attraverso canti a volte anche in dialetto cercò di riscaldare i cuori partenopei e a far nascere veramente il “Ninno” nella mangiatoia.

Studi musicali iniziati fin da bambino sotto la guida del noto precettore e maestro don Gaetano Greco dal quale uscirono celebri compositori della scuola barocca napoletana: Francesco Durante, Domenico Scarlatti, Giovan Battista Pergolesi ed altri, gli consentirono di scrivere motivi accattivanti con la consapevolezza dell’influenza che potevano avere sulle emozioni del popolo. Nacquero canti indelebili nel tempo primo fra tutti “Tu scendi dalle stelle” melodia che procedeva per terze nel ritmo “pastorale” per eccellenza, i 6/8, un canto che ogni persona almeno una volta nella vita ha cantato ed ogni Zampognaro dall’alto Cilento al Molise ha suonato e continua a suonare tramandandola da generazione in generazione come una preziosa eredità. Persino Giuseppe Verdi ebbe modo di affermare che: “...il Natale non sarebbe più Natale senza i versi e la melodia della famosa pastorale, scritta da Sant’Alfonso Maria de Liguori ...!” La data della nascita del canto ci è riportata da Celestino Berutti nel suo libro “Lo Spirito di Sant’Afonso Maria de Liguori”.

Alfonso scrive la canzoncina durante la missione a Nola nel periodo di Natale del 1754 per la novena della Beata Vergine Maria”. 

Tu scendi dalle stelle, o Re del cielo,

e vieni in una grotta al freddo e al gelo. 

O Bambino mio divino, io ti vedo qui tremar.

O Dio beato! Ah quanto ti costò l’avermi amato!

Qualche anno dopo intorno al 1779 nasce uno dei capolavori della musica popolare internazionale scritto in vernacolo: “Quando nascette Ninno a Bettalemme” – Ninno, probabilmente dallo spagnolo niño, piccolo bambino. Un messaggio di speranza e di pace che intenerisce anche i cuori più freddi e scontrosi.

No nun c’erano nemice pe la terra,

La pecora pasceva c’’o lione;

Co’ o caprette se vedette

O liupardo pazzeà;

L’urzo e o vitiello

E co’ lo lupo ‘npace o pecoriello

 

Dopo “Quanno nascette Ninno”, vennero composti ancora altri canti che arricchirono il messaggio d’amore di un Dio fattosi uomo per l’intera umanità: “Fermarono i Cieli” e “Ninno bello piccerillo” che echeggiavano nel periodo dell’Avvento in tutte le case, nei vicoli e nelle chiese, ma soprattutto intorno al presepe.

Si realizzava così il sogno di S. Alfonso il presepe, che fino a quel momento anche che se abitato da preziosi pastori restava ancora povero e grigio, si riscaldava e si illuminava di una luce di fede e di speranza in quella Napoli forse ancora troppo illuminista e forse finalmente nei cuori di ognuno si preparava quella mangiatoia per far nascere e riposare veramente Gesù Bambino.